Storia specialistica
La pianificazione del territorio – ecco perché meno spazio non significa meno posto e perché la partecipazione facilita l’anticipazione
Richard, come sei arrivato in TBF?
Dopo essermi laureato in elettrotecnica ad Aquisgrana ho fatto un dottorato di ricerca a Monaco di Baviera e poco dopo ho ottenuto il mio primo impiego presso Alstom, in Svizzera. Qui ho lavorato per 13 anni, dal reparto di ingegneria fino a diventare direttore commerciale EMEA per centrali idroelettriche. In seguito è avvenuto il passaggio a TBF. Un cambiamento a 180°, sotto ogni punto di vista. Da un contesto internazionale in cui si parla solo inglese, con personale specializzato per qualsiasi attività e organizzato di conseguenza secondo una struttura gerarchica, a un’azienda che ruota attorno alle persone. A quei tempi TBF non era ancora così grande. Avevamo molti compiti che svolgevamo secondo il nostro buon senso e che non richiedevano quindi processi definiti. Io ero ancora fresco di una realtà di stampo multinazionale e quindi fortemente orientato ai processi. In TBF però al centro di tutto veniva posto il buon senso delle persone.
Qual è il tuo ruolo in TBF, quali sono le tue competenze specifiche?
In realtà sono arrivato in TBF per portare struttura nei processi di acquisizione. Il mio compito principale consisteva nella strutturazione dei reparti commerciale, Sales Management e Key Account Management, con la definizione di un minimo di linee guida. Questo contesto mi offriva molte opportunità di mettere in pratica queste competenze, ad esempio nel progetto «Hochschulgebiet Zürich Zentrum» (Zona universitaria Zurigo Centro), che di fatto riguardava già l’assetto territoriale. Ed è così che sono passato dal settore strategico-commerciale alla pianificazione del territorio. Più avanti ho assunto parallelamente la direzione del reparto di elettrotecnica e di automazione dei processi. In TBF mi occupo pertanto di diversi aspetti.
Recentemente, la pianificazione territoriale è stata definita e viene gestita in TBF come settore di attività indipendente. In Svizzera, in realtà, quest’attività è svolta principalmente dalla Confederazione, dai cantoni o dai comuni. In che modo potete supportare i vostri clienti come ufficio di progettazione e pianificazione?
Una cosa che in TBF sappiamo fare molto bene è gestire i progetti e portare struttura nel caos dominante. Per questo è di certo utile conoscere l’argomento, anche se non strettamente necessario, a differenza di quanto si potrebbe pensare. La sola capacità di dare ordine al caos, e di farlo nel rispetto delle persone, ha già un grande valore. E questo lo riconoscono anche i nostri clienti che, a furia di perdersi nei dettagli, non colgono più il quadro generale. Soprattutto in ambito pubblico, le risorse vengono spesso esaurite per le attività quotidiane. I nostri clienti ci sono quindi molto grati quando siamo al loro fianco come Trusted Advisor e li aiutiamo a tirare avanti il carro.
La maggior parte delle discipline di TBF sono molto tecniche. Ridurre la complessità fa parte del vostro modello aziendale. Questo modus operandi così strutturato e associato al fattore umanità vi aiuta, in fatto di «pianificazione territoriale», a trovare un denominatore comune per diversi gruppi di interesse?
Molti dei nostri clienti che devono affrontare progetti così complessi, soprattutto in ambito di pianificazione del territorio, non provengono da settori tecnici. Essere coinvolti in progetti non del tutto comprensibili non è quindi il loro pane quotidiano. In ambito ingegneristico non facciamo poi nient’altro che scomporre argomenti complessi in piccoli elementi, in modo che alla fine diventino comprensibili. La combinazione di una solida competenza tecnica unita a una sensibilità nei confronti delle persone è ciò che distingue molte delle mie colleghe e dei miei colleghi di TBF. E questo rappresenta una buona parte di noi. Sicuramente fa parte del DNA di TBF.
La pianificazione territoriale tocca tangenzialmente la mobilità, l’energia, l’ambiente e le infrastrutture, ovvero tutti quelli che avete definito «punti chiave sociali». Come integrate nel concreto questo nuovo settore nei vostri progetti quotidiani? Oppure resta un servizio di consulenza indipendente, una disciplina per così dire standalone?
Anche questo è un altro aspetto tipico di TBF. Come del resto quasi tutto, anche i settori specialistici sono nati da esigenze precise. Il nuovo settore non è nato perché ci siamo detti: «Ehi, questo è proprio ciò di cui ha bisogno il mercato. Ripensiamolo e costruiamolo da capo.» Al contrario, nel corso di numerosi progetti abbiamo acquisito diverse competenze, che ora abbiamo concentrato, ad esempio, anche nel nuovo settore della «pianificazione territoriale». A dire la verità eravamo immersi nella pianificazione del territorio molto prima di averne definito il settore specialistico. La pianificazione territoriale gioca un ruolo importante in tutti i «punti chiave sociali». Ovunque sia necessario spazio per realizzare qualcosa, situazione predominante nel settore delle infrastrutture, occorrono misure di pianificazione territoriale. Esserne consapevoli aiuta anche a comunicare in modo diverso con il cliente. Non facciamo quindi niente di particolarmente diverso rispetto a prima, solo con una consapevolezza di gran lunga maggiore, portando l’argomento in primo piano e servendoci degli strumenti formali di pianificazione territoriale.
Dal 2012 esiste il «Progetto territoriale Svizzera». Si tratta per così dire di una base di riferimento nazionale per gli obiettivi futuri di pianificazione territoriale, ampiamente supportata dalla Confederazione, dai cantoni e dai comuni. Al suo interno vengono definiti obiettivi quali:
- Promuovere la qualità degli insediamenti e la diversità regionale
- Tutelare le risorse naturali
- Gestire la mobilità
- Rafforzare la competitività
- Affermare la solidarietà
Le risorse naturali, e quindi la protezione del suolo, dell’acqua e dell’aria, hanno grande valore nell’ambito della pianificazione territoriale. Allo stesso tempo occorre però sfruttare anche lo spazio disponibile già limitato nel modo più conveniente possibile. Com’è possibile conciliare gli aspetti ecologici con le esigenze economiche senza far prevalere gli uni sulle altre?
Controdomanda: perché non si dovrebbe trovare il giusto equilibrio effettuando un’analisi degli interessi sotto forma di ponderazione? Nel progetto «Zona universitaria Zurigo Centro», ad esempio, ci siamo confrontati proprio con questo quesito. Il settore pubblico utilizza volentieri il sistema basato sui tre pilastri della sostenibilità sociale, economica ed ecologica, la cui armonizzazione rappresenta la vera e propria sfida. Tutto si riduce quindi a una questione di equilibrio. In questo caso, durante un workshop con tutti i partecipanti al progetto, abbiamo definito i parametri che rientrano nei criteri definiti e come intendevamo misurarli. Abbiamo poi valutato questi parametri, adattando la ponderazione in modo che ciascuno dei tre pilastri avesse lo stesso peso. Solo quando ci siamo trovati d’accordo sulla ponderazione e sulla distribuzione abbiamo valutato i progetti. Evitare di adattare la valutazione in base ai desideri legati al progetto è fondamentale. Occorre prima definire la ponderazione e solo in seguito confrontare i risultati reciproci dei progetti. In questo modo è possibile stabilire rapidamente quali progetti vengono esclusi, e per quali motivi, e quali no. Alla fine è richiesta sempre una buona dose di interpretazione, utile soprattutto quando si tratta di spiegare il perché si è scelto di approfondire determinati progetti.
Della superficie complessiva della Svizzera, il 25 percento non è utilizzabile, il 30 percento è coperto da foreste, arbusti e boscaglia e solo il 43 percento circa da insediamenti e aree agricole. Nel 1950 la Svizzera contava circa 4,7 milioni di abitanti. Oggi abbiamo già superato gli 8 milioni. L’utopia di una Svizzera con 10 milioni di abitanti si appresta a diventare realtà. In che modo la pianificazione territoriale può contribuire a rendere possibile la quadratura del cerchio, caratterizzata da una forte crescita della popolazione contro un assottigliamento delle superfici d’insediamento?
Questa rappresenta la sfida principale della pianificazione territoriale in generale. L’attuale legge sulla pianificazione del territorio prescrive obbligatoriamente un utilizzo moderato dello spazio. Il comprensorio insediativo, ovvero dove è possibile costruire edifici, è definito e non può essere semplicemente ampliato. Ciò significa che la crescita può essere assorbita solo aumentando il numero delle persone che vivono e lavorano nell’attuale superficie abitativa, sfruttando il molto potenziale ancora disponibile, ad esempio con l’innalzamento degli edifici e l’edificazione delle zone ancora libere all’interno delle aree di insediamento. La cosa più importante però, come deciso anche dalla popolazione, è che la volontà di promuovere uno sviluppo centripeto degli insediamenti provenga dalla società, nel rispetto dei canoni qualitativi.
Una particolarità della Svizzera è che, in ultima analisi, è il singolo cittadino a decidere in merito a modifiche dei piani di zona o a misure di pianificazione territoriale a livello comunale o cantonale. Come fate a comunicare ai cittadini questi quesiti spesso complicati e questi giochi astratti di pianificazione, convincendoli a non prendere decisioni sulla base dei propri interessi specifici, bensì per il bene della società?
La società in Svizzera è a un livello tale da garantire senz’altro che il singolo sia in grado di accettare tali decisioni, che in campo politico vengono prese di continuo, senza costituire una novità per i cittadini. Almeno dal punto di vista culturale quindi, non è necessario apportare cambiamenti. La democrazia diretta è fortemente ancorata nelle menti, con tutto ciò che essa racchiude. Alla fin fine esiste tuttavia un quadro giuridico che in alcuni casi non consente di avere gran voce in capitolo. Nel caso di grossi progetti, in cui si potrebbe sicuramente formare una solida opposizione, il popolo può ottenere qualcosa con interventi, iniziative o referendum. Per questo l’approccio partecipativo è così importante. Il coinvolgimento di associazioni, partiti e diversi strati della popolazione ha un ruolo centrale. Tutti devono avere la possibilità di dire la propria opinione, di ascoltare davvero e chiedersi fino a che punto è possibile includere le obiezioni nel processo di pianificazione. Così si può trovare il consenso necessario all’interno della società.
Al momento offrite consulenza e supporto al Cantone di Argovia in merito al futuro territoriale del «Sisslerfeld», un’area con una superficie complessiva di 200 ettari, corrispondente a circa 200 campi da calcio. Come avete strutturato un progetto di queste dimensioni e come procedete concretamente?
Il Sisslerfeld è una zona di lavoro azzonata già da tempo e per la quale si cerca potenziale di insediamento. La struttura particellare della zona qui è assai complicata, con molti terreni suddivisi in minuscoli appezzamenti, sicuramente utili nel passato per l’agricoltura, ma oggi non più per l’insediamento di aziende. Qui abbiamo a che fare con 120 parcelle, oltre 40 proprietari e in parte anche con comunità di eredi. La tipologia dei proprietari spazia dalla signora anziana che coltiva i suoi tre alberi da frutto fino a grandi gruppi industriali come Novartis, Syngenta o DSM, che continuerebbero volentieri a svilupparsi in loco. La gamma dei soggetti interessati e la difficoltà di ricavarne un denominatore comune sono molto ampie. Pertanto, in una prima fase il Cantone si è chiesto perché fino a quel momento gli insediamenti non hanno funzionato, provvedendo a effettuare un’analisi. In una seconda fase si è poi chiesto cosa dovrebbe succedere affinché possano nascere degli insediamenti, dopodiché si è riunito con i quattro comuni e l’associazione di pianificazione regionale «Fricktal Regio» per trovare un accordo. Insieme e con il coinvolgimento extraterritoriale della città di Bad Säckingen e della federazione regionale Hochrhein Bodensee si è deciso di rendere quest’area edificabile e commerciabile. Queste due parole sono dense di significati. Edificabile implica che l’area è completamente accessibile e commerciabile che l’attrattiva dell’area è così alta che le aziende sono propense a investire qui. Nella fattispecie stiamo parlando di un potenziale di insediamento di diversi miliardi di franchi svizzeri. Per consentire l’edificabilità e la commercializzazione della zona, nell’ambito del nostro progetto abbiamo iniziato una pianificazione di prova, nel cui ambito quattro team hanno ipotizzato in parallelo quale potrebbe essere l’aspetto di quest’area nel 2040. I team, composti da una serie di specialisti, hanno avuto sei mesi di tempo per concepire un’idea, poi messa nero su bianco, con l’elaborazione di piani e modelli e la presentazione dei risultati al team del progetto nel settembre dello scorso anno. I team avevano il compito di occuparsi di tutte le aree tematiche del progetto, anche se ciascuno doveva focalizzarsi su un argomento specifico. Questo metodo si è tradotto poi in una grande diversificazione dei risultati. Nell’ambito dell’impostazione del lavoro, le idee e i progetti sono stati concepiti per così dire “a campo aperto”, dal momento che gli esperti non avevano alcun legame diretto con la regione. Questo ha avuto anche il vantaggio di impedire che la dimensione politica dominasse sul progetto. Come ultima fase della pianificazione di prova, un team di sintesi ha poi iniziato a creare un quadro unitario partendo dalle quattro idee originarie, in considerazione delle esigenze locali e delle condizioni politiche. Ed è su queste basi che dovranno essere elaborati gli strumenti vincolanti per le autorità e, in ultima analisi, per i proprietari terrieri.
Nei quattro comuni svizzeri adiacenti intorno a Sisslerfeld vivono circa 7000 abitanti e lavorano attualmente circa 5000 persone. Considerando lo spazio ancora libero, il potenziale relativo a possibili posti di lavoro futuri e a nuovi arrivi per i prossimi 20 anni sarebbe enorme. Esiste di fatto un modo per far comprendere i benefici complessivi per la popolazione locale?
Non è qualcosa che succede dall’oggi al domani. 20 anni sono un traguardo ambizioso. Probabilmente ci vorrà di più. Ma perlomeno vogliamo cominciare rapidamente. L’obiettivo primario è mostrare alla popolazione interessata i potenziali benefici, ma non solo quelli economici. Quest’area deve continuare a rimanere un luogo attraente in cui vivere. Per questo i quattro comuni fanno parte anche della gestione del progetto, che seguono da vicino partecipando a tutte le decisioni. Allo stesso tempo occorre però ricordare che Sisslerfeld è già stata azzonata come zona di lavoro e, secondo la legge, deve essere sviluppata per non essere nuovamente dezonata. Se non facessimo niente, gli insediamenti avrebbero comunque luogo, ma senza un progetto. Potrebbero insediarsi aziende indesiderate o secondo modalità non sufficientemente attrattive. Se una situazione di stallo non rappresenta quindi un’opzione, lo sviluppo dev’essere perlomeno direzionato, in modo che alla fine crei un valore aggiunto per tutte le parti. Occorre stabilire delle linee guida per uno sviluppo sano e moderato, che sia vantaggioso per la società e la regione nel suo complesso, che sappia creare attrattiva, che attiri nuovi cittadini internazionali ben stipendiati o che crei posti di lavoro ben pagati per le generazioni future. Anche i proprietari fondiari approfitterebbero di un incremento del valore dei terreni. Le aziende potrebbero trarre vantaggio dagli ottimi collegamenti con scuole e mezzi pubblici e dalla breve distanza che le separa da due aeroporti e dai rispettivi agglomerati urbani. Non da ultimo, anche i comuni e il cantone registrerebbero un gettito d’imposta maggiore.
Nel «Progetto territoriale Svizzera» di cui abbiamo parlato sono definite dodici aree d’intervento. L’area metropolitana di Basilea, in cui si trova il Sisslerfeld, rappresenta quindi un’area d’intervento per la quale sono stati definiti degli obiettivi specifici:
- Rafforzare i settori destinatari (Life Science/Chimica/Finanze/Logistica/Industria creativa)
- Promuovere la qualità di vita (conservando soprattutto il carattere rurale della regione)
I settori destinatari definiti presentano tutti un elevato grado di digitalizzazione. Per assurdo, non sarebbe più saggio promuovere in modo più mirato misure come il lavoro a domicilio, Internet a banda larga per tutti o il lavoro decentralizzato?
Non credo che una cosa escluda l’altra. Servono entrambe. Insieme ai progettisti cantonali, prima della pianificazione di prova abbiamo condotto diverse interviste, tra cui con industrie legate alle start-up e in settori interessati da molta ricerca e sviluppo, chiedendo loro: «Di cosa avete bisogno? Come nascono le vostre innovazioni?» Ci hanno risposto all’unisono: «I nuovi sviluppi avvengono dove le persone si incontrano.» Dobbiamo creare luoghi d’incontro. Idee veramente nuove e creative nascono dove persone con diversi pensieri, di diversa provenienza e con visioni del mondo differenti si riuniscono tra loro. Cosa significa questo per Sisslerfeld? Anche qui ci vuole il giusto mix. Insediare il Life Science nella zona è un obiettivo, ma non un obbligo. Sarebbe semplicemente vantaggioso poiché tra Zurigo e Basilea c’è comunque molto movimento in questo settore. Sicuramente ci sarà anche spazio per le PMI così come per i fornitori di grandi gruppi industriali. Anche il fascino del paesaggio rurale come area ricreativa è un elemento che esercita un forte peso. Alla fine tutto deve essere in equilibrio.
Richard, sei vicesindaco e vicepresidente comunale di Villnachern, un piccolo comune nelle vicinanze di Brugg, anch’esso nel Cantone di Argovia. Se il tuo comune dovesse trovarsi di fronte a una decisione importante relativa a modifiche territoriali, quale sarebbe il tuo consiglio per i tuoi colleghi del consiglio comunale?
Informazione, informazione e ancora informazione. Per garantire che le considerazioni fatte possano essere comprese da tutti i membri della popolazione. Si può sempre essere contrari a un progetto, ma per lo meno si è ben al corrente di cosa si tratta. Quello che funziona meno è limitarsi a fare e sperare di avere la comprensione e l’approvazione di tutti.